Il processo fotochimico che caratterizza e innesca il procedimento della fotografia analogica è abbandonato allo stato di latenza. Questa operazione non vuole essere una gratuita dimostrazione autoreferenziale sulla fotografia ma una riflessione che, con l’aiuto del medium fotografico, si fa paradigma del tempo e delle trasformazioni culturali. Il simbolo PLAY, figlio del mondo analogico, trova la sua affermazione nel mondo digitale; come tutte le tecnologie anche la fotografia è interessata da questo cambiamento. L’apertura del libro/darkroom segna un punto di inizio: da lì in poi il tempo, e ciò che si genera in esso, è alla deriva; si ha l’intenzione di creare qualcosa ma non vi è controllo per ciò che si otterrà per coscienza per ciò che si vuole ottenere; tutto è visto in potenza, senza conclamazioni. Il tempo è l’unico valore contemporaneo.
Alessio Gianardi nasce a La Spezia. Dalla geometria passa allo studio della musica al Conservatorio “Giacomo Puccini” della Spezia e parallelamente frequenta il corso di nuove tecnologie dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. È promotore e partecipe di iniziative nel campo dell’arte nel suo territorio di appartenenza. La sua ricerca si concentra sull’analisi della propria identità fisica e biologica e il contesto geografico in cui vive usando la fotografia come mezzo e non come fine: la necessità di essa da un lato e la sua insufficienza dall’altro. Le opere e la vita si confondono in una pratica artistica costante che mescola biologia, socialità, politica ed estetica. A Manarola, paese in cui vive, è tra i fondatori del Collettivo Parisse, un organismo che promuove attraverso attività laboratoriali gli insegnamenti di Anselmo Crovara, custode dell’Archivio della Memoria di Manarola.
Ha collaborato con il CAMeC – Centro d’Arte Moderna e Contemporanea della Spezia e la galleria “Il Gabbiano” della Spezia.
